26 Aprile 2024

di Roberto Minnocci  – 

“Un Alessandro Ruberto a tutto campo, che ripercorre la sua vita sportiva e la sua storia.”

Pic 265Oggi facciamo una chiacchierata con Alessandro Ruberto, uno dei primi tecnici a collaborare con l’Academy of Nettuno Baseball. Un buon passato da giocatore, che andremo ad analizzare attraverso i suoi ricordi, un’importante esperienza negli Stati Uniti, che lo ha completato come tecnico, ed infine l’approdo in Academy, dove si divide di pari passo con i Dolphins Anzio. Un Fallozzo che si è aperto anche nel privato! Sentiamo la sua storia.

Conosciamo un Fallozzo molto professionale, manager delle categorie Youth, ma come eri da giocatore?

“Io ho avuto la fortuna di nascere in un periodo in cui il baseball ha avuto il suo boom in Italia. Ho fatto parte di un gruppo di giovani, che sotto la guida di Carlo Morville, nei primi anni ottanta, ha avuto dei buoni risultati, approdando in prima squadra con l’Anzio, facendo A1 e A2, per alcuni anni. Poi mi sono trasferito a Palermo, dove sono stato cinque stagioni, prima come giocatore e poi come allenatore/giocatore, facendo serie B e A2; purtroppo dopo l’avvento di alcuni tecnici cubani le cose non sono andate bene e siamo retrocessi. Nell’ultima parte della mia carriera ho fatto un anno a Montefiascone, poi di nuovo Anzio in A2, Caserta, e ancora Anzio dove ho chiuso definitivamente. Diciamo che ero un po’ scapestrato, come i giovani di allora, niente a che vedere con i ragazzi di oggi, e questo ha condizionato in parte la mia carriera. Nelle giovanili abbiamo vinto con l’Anzio un campionato Pre-Allievi, e uno Allievi, in cui abbiamo terminato imbattuti a 1000, una stagione bellissima, che ci ha visto battere perfino il Nettuno, che in quegli anni era fortissimo; io in quel periodo vivevo solo di baseball, stavo otto-dieci ore sul campo, giocando in diverse categorie contemporaneamente, saltando da un pullman all’altro, è stato bello!”

Cosa ti manca del passato, e cosa non rifaresti?

“Diciamo niente! Non ho grossi rimpianti. Tranne, forse, quando avevo diciott’anni, che avevo deciso di andare negli Stati Uniti, e Frank Del George mi aveva aiutato a trovare un College, sarei dovuto partire in Agosto e invece a Luglio mi è arrivata la cartolina rosa per il militare, chissà come sarebbe andata! Poi ho avuto una richiesta dal Nettuno, con i tecnici Faraone e Morville che mi volevano nel loro roster, e anche giocatori come “Pantera” Bagialemani mi apprezzano, ma l’Anzio sparò una cifra enorme e non se ne fece più niente. Però tutto sommato sono soddisfatto di quello che ho fatto, ho lavorato come Coach per sette anni con il College di Frank Del George, a New York, facendo la “Fall League” fino al 2004; in America il baseball è una cosa fantastica, professionale, e ho imparato molto come tecnico.”

Che ne pensi dei ragazzi di oggi che giocano a baseball?

“Noi non avevamo le attrezzature che hanno oggi questi ragazzi, però avevamo una fortuna: i nostri genitori non si intromettevano nelle cose tecniche. Spesso il nostro lavoro sul campo viene vanificato dai “consigli” a casa, che sono dannosi e creano solo confusione. È una cosa generalizzata dei nostri tempi, che tocca tutti gli sport, e noi in Accademia stiamo cercando di neutralizzare questa tendenza. Io, per fortuna ho un buon gruppo di ragazzi, che mi sta ripagando soprattutto sotto l’aspetto umano, educativo e caratteriale, e mi ritengo fortunato a lavorare con loro. Oggi, però, oltre alla tecnica bisogna curare anche questa pressione, che i giovani subiscono a casa.”

Parliamo del tuo lavoro in Academy. Quanto sono importanti i risultati rispetto alla crescita?

“Zero! La crescita è fondamentale. Io vorrei che la mia squadra non vincesse niente oggi, però diventasse il Nettuno di domani. Loro comunque vincono tutti i giorni sul campo, e son loro che insegnano a me. Quello che do a loro è niente in confronto a quello che danno a me. I titoli contano poco, è più importante crescere come giocatori e come persone.”

Comunque quest’anno hai un Team Allievi molto quotato, cosa ti aspetti?

“In questa stagione avrò uno Staff Tecnico molto valido, con De Rossi e Ricci, e si potrà curare con efficacia anche il bullpen. Poi, in particolare, con Mauro siamo stati anche compagni di squadra e lo conosco abbastanza, credo che potremo lavorare molto bene insieme. Si, abbiamo un’ottima squadra, però sarà sempre il campo a decidere; spero che non subiscano la pressione dei favoriti, si parla troppo di risultati e dovremo cercare di attenuare questo aspetto.”

Parliamo del progetto dei Dolphins Anzio a cui ti stai dedicando?

“Sono due anni che ci stiamo lavorando, e siamo riusciti ad allestire quattro squadre giovanili, che parteciperanno ai campionati del 2016. Vogliamo ricreare un settore giovanile ad Anzio con questa società, i Dolphins, facendo crescere i bambini con pazienza, senza aspettative particolari: giocare divertendoci. Siamo riusciti ad ottenere il campo “Reatini” per poterci allenare; abbiamo degli sponsor che ci sostengono; siamo un gruppo di amici che proviene dal comitato “Stefano 7”, nato in ricordo di Stefano Pineschi, e vogliamo dare un futuro al baseball di Anzio anche in suo onore. Ci stiamo provando con tanta passione, nonostante qualche divergenza con le vecchie dirigenze.”

Hai dato molto al baseball, cosa ti ha ridato in cambio?

“Mi ha dato una cosa molto speciale, mi ha dato una moglie! Ho conosciuto Giusy nel periodo che giocavo a Palermo, era una giocatrice di Softball, ed è diventata, insieme ai miei figli, la cosa più importante della mia esistenza.”

Chiudiamo questa intervista con uno “swing”. Fallozzo e il Baseball?

“Il baseball è la mia vita!”