26 Aprile 2024

di Roberto Minnocci  – 

“Il modello Yankees e l’Academy Nettuno, uno stile tutto a righe.”

Pic 14Da New York a Nettuno, con le stesse divise rigate. Con la skyline dietro la Statua della Libertà e l’alba a picco sopra a Torre Astura, separate dall’acqua oscura dell’oceano infinito. Brooklyn o Scacciapensieri non cambia molto, a parte l’unico grattacielo, che proietta la sua ombra verso il mare ingiallito, ma la passione per il baseball è uguale a quella che si respira nella Grande Mela. Una febbre metabolizzata geneticamente, dal contagio americano del secolo scorso. E allora, la Youth Generation nettunese ha indossato il cappello blu, e ha iniziato a studiare nella sua facoltà preferita: l’Academy of Nettuno Baseball, dove si respira aria “professional” e puzza di cuoio sudato. Abbigliamento, materiali, esperienza. Uno stile a righe “niuiorchese”, una scommessa da duri in mezzo al decadimento. La città del Tridente è piena di contraddizioni, politiche, economiche, e il batti e corri non si è salvato dalla devastazione, un’idiozia che ha lasciato dietro di sè catene e lucchetti, rabbia e polvere. Tutto inutile, senza senso. Da Cretarossa a San Giacomo, fino a Santa Barbara, il baseball vive e rinasce su sè stesso. Nutrendosi dei propri geni, del proprio destino. Rigenerandosi come un’Idra mitologica, a cui tagli una testa e ne rinascono altre due. Due team, due società. Mentre dai colli recisi si moltiplica la storia, e le formazioni giovanili, che continuano a luccicare. Fino a trasformarsi in una costellazione, con i suoi periodi più o meno luminosi. Brillando incerta, come le stelle che la compongono. Squadre scintillanti, che viaggiano tra i detriti della Via Lattea e le scie spente. Ancora in gioco, nonostante tutto! Il cielo sopra Nettuno è sempre chiaro in questo periodo. Con quell’azzurro scialbo, che cerca invano di abbellire i campi a forma di diamante, dove l’erba sembra nascondersi, e la terra rossa è un lontano ricordo. Eppure, si gioca a baseball. Ragazzi cazzuti di ogni età, con la divisa a strisce e la faccia ingrugnata, che sfrecciano tra i vicoli stretti della città, per correre da un sacchetto all’altro, fino a scivolare con le braccia in avanti alla ricerca del piatto di casabase. Con la scritta Academy impolverata, o con qualsiasi altro nome, ma con gli occhi lucenti, mentre  i quadratini dello score si chiudono, e le mani aperte sbattono sulle mani dei compagni. L’accademia sta cercando il suo posto al sole, con i suoi nove team, con il suo logo stilizzato. Con i progetti disegnati e i sogni nel cassetto. Alternativi alle traiettorie facili, e lontani dalle derive passate. Il baseball cerca la scala che conduce al paradiso, ma forse sarebbe meglio costruirsi un paio d’ali. Per fregare la rassegnazione, volteggiando in aria, dove le polemiche sembrano così stupide. Abbiamo ancora voglia di giocare, nonostante nei dugout i bidoni siano pieni. Ci sono bambini di cinquanta centimetri e ragazzoni alti come gli “americani”, tutti vestiti a righe, e con l’ombra della visiera sopra al naso. Addobbati come yankees, con lo sguardo fiero e i Franklin chiazzati di resina. Hanno imparato che la vita si divide in attacco e difesa, e che si può sperare ancora, se si sbatte la palla in mezzo agli esterni. La loro casa è sempre aperta, e fuori ci sono i lampioni a forma di palla con le cuciture. Lanciando, raccogliendo e battendo, tra le pareti invernali. Immaginando che a primavera il mondo possa fiorire come un “quadrifoglio”, con i suoi quattro campi verdi, che potrebbero essere reali e non più solo foglie. Credendo che per il paradiso non bastino i desideri, ma ci voglia grande coraggio. Perché le scale son capaci tutti a salirle, ma non si può andare oltre. E allora l’Academy Nettuno ha scelto di volare. Perché con le ali si può anche sognare, e scavalcare l’arcobaleno. E perché lassù in alto è più bello giocare a baseball! Dove il cielo è blu “away”, e se ci credi… anche a righe “home”! Eccheccazzo!!