28 Marzo 2024

di Alessandra Di Lorenzo  – 

“Da ALESSIOBARONCINI.IT – Una favola per i pirati, nella realtà del baseball giovanile toscano, ma che può essere raccontata in ogni luogo.”

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Pochi altri contesti sanno mettere in primo piano i connotati caratteriali di una persona, come il Baseball. Se, con attenzione, si valutano particolarità, qualità, atteggiamenti e maniere si può acquisire un campionario di umanità delle più varie.

Il Baseball concede spazio a tutti: non c’è, infatti, la stretta necessità di un fisico particolarmente adeguato. Si trovano persone alte, basse, grasse, magre, ma tutte, veramente tutte devono possedere un valore: il carattere. C’è una sorta di selezione naturale in quanto a questo, perché, in mancanza di carattere, un soggetto si estromette da solo, dopo un po’. Non si resiste senza carattere, nel Baseball e non si parla di “bel carattere”, può essere anche pessimo, ma ci deve essere.

Così può capitare che un gruppo di ragazzi che sono cresciuti insieme nella stessa società di Baseball, che si conoscono benissimo, che hanno vinto tutto quello che c’era da vincere, arrivino a diventare maggiorenni e a giocare ancora nella stessa squadra.

E’ un bell’inizio per una favola. Che ha il sapore di una favola e, come in ogni favola che si rispetti, c’è un orco o una fata cattiva, “il malvagio”, insomma! Chi sono i malvagi di questa favola? Sono quegli allenatori che non sanno “educare”, che hanno giocato a Baseball, ma non ne hanno mai capito lo spirito; quelli che non si rendono conto di avere a che fare con i ragazzi e con i loro problemi di crescita; quelli che non sanno aiutare quando i giocatori sono in difficoltà, che pensano che un “Forza!”, urlato a muso duro, sia sufficiente a rimettere una partita storta sui giusti binari.

Così quella bella squadra che vinceva tutto, viene a trovarsi, da un momento all’altro, nelle mani di allenatori “sbagliati”. Molti se ne vanno a giocare, con poca fortuna, in altre società. Quelli che restano, per amore di amicizia, soffrono, seduti in panchina per campionati interi, perché l’allenatore ha i suoi “preferiti” e non ammette di poterli sostituire.

Alla fine dell’ultimo campionato, la totalità dei giocatori aveva deciso di smettere. Quel loro carattere, che li aveva portati a vincere, era stato calpestato, si era ridotto a niente; il capo basso e nessun sorriso; niente più cicalecci durante gli allenamenti, niente più sfottò. Il silenzio.

Poi arriva la proposta di una nuova società: “Venite a giocare con noi e cerchiamo di cambiare le cose”. Via gli allenatori “sbagliati”. Ma, nella ricerca di un nuovo Generale si sbaglia ancora. Ancora un allenatore che non sa capire l’umanità che ha di fronte. Questa volta è lui a lasciare il comando.

I ragazzi sono spaesati, confusi, intimoriti e perdono le loro partite, malamente anche. Ma ecco che comincia la favola. Quello che era il secondo allenatore, prende in mano la situazione e comincia a guardare negli occhi gli ormai “suoi” ragazzi. Parla con loro, uno ad uno, li sprona, riesce a motivarli. Con pazienza, con calma, con lo scherzo e anche con la serietà.

Lavoro, tanto lavoro anche in condizioni logistiche non sempre facili. Il suo incitamento, “Forza!”, non è come quello sterile di altri allenatori, ma ha un’energia diversa. I ragazzi lo percepiscono, con quella loro sensibilità tutta particolare e cominciano a ritrovare il coraggio di buttarsi oltre gli ostacoli … e ci riescono, perché il “materiale” è buono, è buono veramente.

E’ il nuovo allenatore che prende le loro difese, che si espone sempre un passo prima di loro, che li sostiene. Partita dopo partita i suoi ragazzi si ricordano che, in un passato non troppo lontano, hanno vinto tanto, tutto. Si ricordano della felicità di uscire vincenti dal campo. Capiscono l’importanza di avere accanto chi sa mettersi nei loro panni.

Così comincia la rimonta, una partita dopo l’altra, con un allenatore che osa, cambiando ruolo a molti di loro; che rischia, sostituendo un lanciatore forte con uno che rientra dopo tre anni di fermo per motivi di salute. Osa, rischia e vince. Sette partite di seguito. Vincono contro le prime due della classifica, senza paura, senza timori reverenziali. Sono forti, quei ragazzi! Accidenti se lo sono! Forse non si rendono neppure conto di quanto, ancora, hanno da dare.

Ma, alla fine della partita, mentre  si abbracciano felici, ritrovando la loro amicizia, che sta al di sopra di tutto, l’allenatore si allontana, si defila, lascia che la gioia sia dei “suoi” ragazzi. Il passo avanti che lo ha esposto per difenderli, diventa un passo indietro per lasciarli crescere. Ci saranno ancora momenti meno belli di questi, sì, ma intanto lasciamo che siano felici.

Si comincia di nuovo, si rinnova la favola, ma si  parte .. da tre, come diceva l’indimenticabile Troisi:

Troisi – Chello ch’è stato è stato… Basta, ricomincio da tre.

Arena – Da zero.

Troisi – Eh?

Arena – Da zero: ricomincio da zero.

Troisi – Nossignore, ricomincio da… cioè… Tre cose me so’ riuscite dint’a vita, pecché aggi’a perdere pure chelle? Aggi’a ricomincià da zero? Da tre!